domenica 26 febbraio 2012

L'inchiesta "Viale Ceccarini" (2)

Continua l'inchiesta sul degrado del Viale, e si moltiplicano le proposte per farlo tornare alle antiche glorie.

pubblicati il 06/09/2011

"No al nuovo stile 'a vita bassa' "
Gentile (Blue Bar): "Oltre a sottomarche, aprono i barettini"
 RICCIONE- Continua l'inchiesta sulle cheap brands imperanti sul centralissimo Viale Ceccarini. Dopo la pubblicazione, pochi giorni fa su queste pagine, delle prime rimostranze, altri esercenti “storici” del Viale premono per esporre le loro opinioni riguardo alla crescita, all'interno del Salotto, dei nocivi e invadenti rampicanti delle monomarche “a banda larga”.
Michele Gentile, titolare del Blue Bar, situato all'imbocco della centralissima Galleria Viscardi, afferma: “Il nuovo 'stile a vita bassa' che sta rivoluzionando il settore abbigliamento influenza negativamente anche il settore della ristorazione. Qui ogni inverno si decidono investimenti imprenditoriali anche rischiosi pur di rinnovare e migliorare la qualità dell'offerta, in modo da proporre, a clienti eleganti e distinti, un locale di classe senza tempo. Però, a sedersi sui nostri divanetti sono sempre più spesso orde di giovani in abiti da spiaggia, i quali non fanno buona pubblicità al bar e non sempre sono in grado di sostenerne i costi.” Costi che derivano dalla posizione, dalla visibilità e dal buon nome del locale.
“Oltre che sottomarche di vestiario, stanno iniziando a proliferare nei dintorni del Viale anche barettini di seconda e terza categoria: come se già non fosse abbastanza difficoloso sostenere la concorrenza degli hotels tre e quattro stelle, che sempre più spesso offrono l'all inclusive!”, sbotta Gentile. “Per poter contare sulla clientela esclusiva che passeggiava negli anni '60 e '70 per il 'Salotto buono' di Riccione, bisogna ripensare l'arredo urbano del Viale. Secondo la 'politica dei piccoli passi', per dare il segno di un 'nuovo corso' basterebbe una normativa comunale che vieti di passeggiare a torso nudo, in shorts e maglietta, come accade a Milano Marittima. Lì, all'ora dell'aperitivo, si vedono solo giovani in abito da coktail, o in jeans e camicia. E anche l'impiantito risulta molto più pulito: se il passante sa che per la 'Via dello Shopping' si può accedere solo adeguatamente 'rivestito', anche il suo comportamento nei confronti del suolo pubblico cambia.
Il Municipio dichiara di non avere soldi da spendere per il 'Salotto'”, continua Gentile del Blue Bar. “ma alle spese per il rinnovo urbano potrebbero partecipare con una quota anche proprietari e affittuari di bar, ristoranti e negozi, interessati a vedere in ordine i metri quadrati antistanti alle loro vetrine.”
A Michele Gentile fa eco Carlo Bartorelli, titolare dell'omonima gioielleria. “Chiediamo regolamenti comunali rigidi per quanto riguarda i parametri estetici: dal rispetto dell'ambiente del Viale, alla sorveglianza sullo stile e abbigliamento della clientela, alla salvaguardia della sicurezza degli esercizi con apposito servizio di security. Altre energie andrebbero spese nello stabilire contatti e partenship commerciali con altre 'Vie di passeggio' nazionali. Se non è possibile agire sul mercato degli affitti (i cui prezzi elevati costituiscono una barriera all' entrata non indifferente per aziende familiari di piccole dimensioni), almeno si realizzino grandi unità commerciali che permettano una divisione interna dei costi.”
“Ci tengo a sottolineare”, dichiara Bartorelli, “che l'immagine del Viale va  curata con continuità da parte dell'amministrazione: ad anni di 'rilancio', sono seguiti anni in cui il salotto era allo sbando. Questo”, continua Bartorelli, “ha causato un effetto boomerang sulle vendite. Quest'anno, per esempio, l'effetto positivo creato dalle manifestazioni organizzate nei week end primaverili ed estivi è stato annullato dall'immobilità invernale e dalla promozione selvaggia messa in atto dai pr nei pomeriggi feriali d'estate, che infastidivano visibilmente i passanti.
La crisi e le politiche di agevolazione di un turismo popolare attuate dal comune hanno fatto il resto: siamo riusciti a chiudere i conti in positivo solo per merito del continuo afflusso di clienti stranieri, prevalentemente slavi, garantito dalla vicinanza dell'areoporto. Personalmente,” azzarda Bartorelli in conclusione, “sono contrario al fatto che un evento della Notte Rosa sia programmato in alta stagione; gli arrivi sono sì numerosi, ma non corrispondono al target di esercizi d'elite come il mio.”
                                                                                                    Giulia Ceccarelli



L'antiquario Romani chiude bottegaù
RICCIONE- (gc) Il richiamo maggiore di Viale Ceccarini, si sa, è dato dall'offerta di abiti prete a porter e dalle vetrine di accessori di moda. Di conseguenza, anche se i commercianti di capi e gioielli di lusso si lamentano, è per fortuna ancora lontano il giorno in cui l'ultimo di tali esercizi di pregio abbandonerà il Viale.
Non si può certo dire lo stesso del negozio di antiquariato Romani, che chiuderà i battenti tra un mese. Il titolare, Daniele Romani, ci confida: “Ho preso la decione di cessare l'attività perchè l'esiguità degli affari non mi permette più di sostenere l'affitto dei locali. Una volta venivano da me a comprare quadri e sculture d'arredo facoltosi turisti stranieri e proprietari delle ville della zona. Ora i gusti, le priorità e le esigenze del mercato sono cambiati: a famigliole alloggiate nei camping  e al popolo della notte che si riversa sulla Riviera per trovarvi un generalizzato 'divertimentificio'  i  miei articoli non interessano. Ormai”, chiosa amaramente, “vendo solo agli appassionati, e perciò non sento più l'esigenza di un negozio in centro: chi apprezza i miei articoli può benissimo cercarmi in una zona meno cara della città”.
Chiamato a esprimersi sulla china declinante su cui si sta ponendo Viale Ceccarini, dice: “Bisognerebbe arricchire il Viale di maggiori stimoli culturali. Un evento lodevole di quest'estate, anche per il richiamo inaspettato che ha avuto, è stato lo show di Eleonora Abbagnato su Viale Roma. So che è stato organizzato quasi interamente da sposor privati, e questo mi rattrista. Chi da le autorizzazioni a Radiodeejay per strimpellare da mattino a sera, potrebbe anche pensare ad organizzare serate adeguate a un pubblico 'alto'. E poi”, provoca Romani, “qui d'inverno è un mortorio; anche buoni bar stanno chiusi. Se il Viale non diventa, e subito, 'Salotto per tutte le stagioni', tantovale pedonalizzarlo solo nel fine settimana! Negli anni della 'Riccione da bere', nel Viale le auto transitavano. Erano di lusso, ma tant'è.”


Gaudenzi: "Qui non c'è più stile" 
RICCIONE- (gc) Continuiamo la nostra passeggiata per la “Via dello Shopping” e, consultando i proprietari di vari negozi, constatiamo che il problema che essi segnalano è sempre lo stesso: l'abbassamento del target.
“Ormai siamo delle mosche bianche- esordisce sconsolata Giovanna Gaudenzi, titolare dell'omonima boutique di alta moda.- A imporre lo stile di Viale Ceccarini è la maggioranza dei negozi; purtroppo, vediamo aumentare il numero di esercizi adatti a una clientela indifferenziata, ed è con tale clientela, disinteressata ai nostri prodotti, che siamo costretti ad avere a che fare. E il trend è destinato a peggiorare, perchè in Municipio la cultura delle “cose belle e ben fatte” è sopraffatta dalla necessità impellente del soldo, e chi è in grado di offrire liquidità subito, riempiendo gli spazi lasciati da top shops in crisi e contribuendo a tenere alti i prezzi degli affitti, sono le grandi catene. Viale Ceccarini è ormai considerato, dalle grandi maison della moda, una piazza di secondo livello, e i vip frequentano da tempo altri lidi, preferendo alla Riviera Punta Ala e Forte dei Marmi”. Come a dire che chi ha ancora il coraggio di proporre prodotti esclusivi è come Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento.
Posizione non dissimile è quella di Aldo Terenzi, dell'Atelier Petronius: “Soffriamo della concorrenza delle monomarche standardizzate a causa dell'abbassamento delle ambizioni e delle possibilità economiche del cliente medio. Su Via Dante (dove si trova il negozio, ndr), si iniziano a vedere addirittura ambulanti asiatici”, dice. “I passanti si lasciano attrarre più dalla quantità dell'offerta che dalla qualità della merce, a volte mal esposta sugli espositori, ammonticchiata alla rinfusa su tavoli e stipata sulle stampelle appendiabiti. La colpa”, punta il dito Terenzi, “è dei temporary outlet, che, spuntando come funghi e sparendo poi inaspettatamente dopo pochi mesi, creano l'impellenza dell'affare e alterano la composizione della clientela.”

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